Colorazioni Naturali: Verità e Bugie della nuova Ossessione “Green”
 
                            Negli ultimi anni, ovunque ti giri senti la stessa frase: “Le colorazioni naturali sono la nuova frontiera del benessere.”
Spot, influencer e perfino certi formatori la ripetono come un mantra.
Ma la domanda è: è davvero così o è solo un modo elegante per vendere più tinte a chi si sente in colpa per l’ammoniaca?
Perché nel settore hair beauty, quando una moda diventa “etica”, quasi sempre qualcuno ci guadagna due volte: sull’illusione e sul prodotto.
1. Cos’è davvero una colorazione naturale
Partiamo da un dato tecnico: in Europa non esiste una definizione legale di “colorazione naturale”.
Un brand può scriverlo sull’etichetta anche se il 90% della formula è chimica, basta un estratto vegetale dentro.
E infatti molti prodotti “green” contengono pigmenti sintetici, profumi industriali e stabilizzanti identici a quelli delle linee tradizionali.
Le vere colorazioni naturali — henné, indigo, cassia — coprono poco, durano meno e richiedono competenze molto specifiche.
Sono affascinanti, ma difficili da gestire in un contesto professionale, dove la cliente pretende risultati immediati e perfettamente uniformi.
2. Il marketing del “senza”
“Senza ammoniaca” è diventato il nuovo “senza glutine”.
Un’etichetta rassicurante che fa vendere, anche quando non serve.
Molte aziende hanno sostituito l’ammoniaca con MEA (monoetanolammina), che è meno volatile ma altrettanto alcalina e può stressare la fibra allo stesso modo.
Risultato: profuma meglio, ma non è più delicata.
Eppure in salone la cliente entra con l’idea che “naturale = non rovina”.
Il parrucchiere, stretto tra marketing e aspettative, deve fare da mediatore: spiegare che naturale non significa miracoloso.
3. Il rischio per i saloni
Il problema è che quando il marketing prende il posto della tecnica, i professionisti diventano i capri espiatori.
La cliente legge “colorazione naturale” su Instagram, compra un prodotto “bio” da Amazon, lo usa male e poi incolpa il parrucchiere perché i capelli si spezzano.
La verità è che il benessere non dipende dall’etichetta, ma da chi la formula la sa usare.
Un parrucchiere formato può ottenere un risultato più sano con una colorazione tradizionale ben dosata che con un henné improvvisato.
4. I marchi seri e la differenza reale
Alcune aziende stanno cercando davvero di cambiare le regole del gioco.
Hanno prodotti nati per unire performance e delicatezza, ma sempre con la consapevolezza che naturale non significa magico.
La differenza la fa la mano del professionista, non la percentuale di aloe sull’etichetta.
5. Il punto finale
C’è chi giura che “il futuro è green” e chi sostiene che “senza chimica non c’è colore”.
La verità, come sempre, sta in mezzo:
una cliente informata e un parrucchiere formato possono usare tecnologia e natura insieme.
Ma basta con la favola del “prodotto miracoloso e innocuo”: non esiste.
Esiste la competenza.
Ed è ora di rimettere il parrucchiere al centro della conversazione, non il claim pubblicitario.
Questo articolo farà arrabbiare qualcuno, lo so.
Ma se vogliamo salvare la credibilità del nostro mestiere, serve dirlo:
la colorazione naturale non è una religione.
È una scelta tecnica.
E solo chi la conosce davvero può permettersi di chiamarla “benessere”.
Lorenzo – Direttore Tecnico, Il Magazine del Parrucchiere










 
 
 
 
 
 
