Colore Senza Ammoniaca? Parrucchieri, smettete di farvi prendere in giro

A cura di Sara, Beauty Advisor de Il Magazine del Parrucchiere
Ogni stagione arriva la solita minestra riscaldata: “tinta senza ammoniaca”, “colore naturale”, “copertura totale”, “capelli più sani dopo il colore”.
Parliamoci chiaro: è marketing, non magia.
La verità che nessuno dice
Per aprire la cuticola e far entrare i pigmenti, serve sempre un alcalinizzante. Punto.
Se non c’è ammoniaca, c’è qualcos’altro: MEA, TEA, o molecole con nomi che suonano più dolci ma che irritano lo stesso.
Il “senza” serve a vendere, non a proteggere davvero i capelli.
Copertura bianchi? Sì, ma per quanto?
Ogni brand giura: “copertura totale al 100%”. Peccato che sui bianchi resistenti la favola dura due settimane.
Poi la cliente torna da te e ti dice che il colore è già sparito. E chi ci rimette la faccia? Tu, non l’azienda.
Il mito del colore che cura
Altro slogan da manuale: “colore che ristruttura e nutre”.
Un colore ad ossidazione, per funzionare, deve aprire la cuticola ed ossidare la melanina: un processo che inevitabilmente indebolisce la fibra. È vero che le formule moderne contengono oli, proteine o cheratine che rendono il capello più morbido e lucido, ma si tratta solo di un effetto cosmetico temporaneo, non di una riparazione reale. E quando senti frasi come “nutre il capello” o “risana il follicolo”, ricorda che il colore agisce solo sullo stelo già uscito dalla cute: il bulbo non lo tocca. Quelle sono promesse di marketing, non fatti scientifici.
Gli ingredienti da vetrina
Olio d’oliva, Olio d’Argan, semi d’uva, estratti bio, royal jelly… ottimi come contorno, ma in quantità minime.
Servono più a colpire la cliente sulla confezione che a cambiare davvero la chimica della tinta.
La fregatura del salone
Sai cosa succede se ci caschi?
- Comprendi il prodotto “green” a prezzo premium.
- Lo usi fidandoti delle brochure.
- La cliente nota che il bianco non è coperto, o il colore scarica subito.
- Risultato: la cliente non si fida più di te.
Il brand intanto ha già venduto. Tu invece hai perso credibilità.
Le 5 domande da fare (e le risposte corrette)
1. Qual è l’alcalinizzante usato?
Un prodotto trasparente ti dirà chiaramente se usa MEA, TEA o altre ammine a basso impatto, specificando anche perché sono state scelte e in che concentrazione. Se ti rispondono solo “senza ammoniaca”, non basta.
2. Qual è il pH in posa?
Per un colore delicato dovrebbe stare intorno a 8–9: abbastanza alto da aprire la cuticola, ma non così spinto da devastarla. Se non ti danno un numero, significa che non vogliono dirtelo.
3. Che ossigeno devo usare per coprire i bianchi?
La copertura delicata si ottiene con ossigeni bassi: 10–20 volumi al massimo. Se ti spingono a usare 30–40 volumi per forza, non è più un colore “gentile”, ma un ossidante aggressivo travestito da naturale.
4. Avete test indipendenti o solo brochure patinate?
La risposta giusta è: “Abbiamo studi clinici di laboratorio o test effettuati da enti esterni, possiamo mostrarti i dati su copertura, durata e tollerabilità cutanea.” Se hanno solo foto di modelle perfette e testimonial, è fumo.
5. Quali sono i limiti del prodotto?
Un brand onesto ti dirà: “Su capelli molto bianchi o resistenti la copertura può richiedere tempi più lunghi o miscele più concentrate; su basi molto scure non schiarisce come un colore tradizionale.”
Se ti raccontano che funziona sempre, su tutti, senza differenze, ti stanno vendendo aria fritta.
Conclusione
Il colore perfetto non esiste: o copre bene e stressa di più, o è più delicato e dura meno.
Chi ti promette entrambe le cose, ti sta vendendo aria fritta.
Smettiamo di abboccare agli slogan e torniamo a fare i professionisti: siamo noi a dover dire la verità alle clienti, non i commerciali.
La vs Sara, Beauty Advisor MdP